La rivoluzione del mandorlo parte dal basso
L’innovazione degli impianti superintensivi, partita grazie ai portinnesti nanizzanti, ora si diffonde in Italia anche grazie alle piantine a radice nuda. L’esperienza di VCR in favore della crescita di questa coltura
Di Lorenzo Tosi, giornalista
Da Sud a Nord, un turbine di candidi petali svolazzanti sta progressivamente ravvivando il paesaggio agrario risalendo lungo la penisola. È il segnale di un deciso rinnovamento, ma non coincide più con il precoce inizio della primavera, per sfuggire al rischio gelo. Il mandorlo, con le sue fioriture benauguranti e i suoi frutti salutari, guadagna infatti terreno in Italia grazie ad una doppia spinta.
Nuove occasioni di consumo
La domanda pare infatti crescere senza sosta (il consumo pro-capite nel nostro Paese ha fatto un balzo di quasi il 50% in 5 anni, arrivando a 2,2 Kg all’anno -dati Inc), sostenuta dall’attenzione al benessere e dal cambiamento delle occasioni di consumo (nell’Ue le mandorle sono l’ingrediente di oltre 5.000 preparati alimentari già pronti-rapporto Innova Market Insights). «Rese, redditività e sostenibilità di questa coltura – commenta Yuri Zambon, direttore di VCR, Vivai Cooperativi Rauscedo – sono poi decisamente migliorate grazie a una rivoluzione tecnica partita dal basso, ovvero dalle radici e dalla volontà di riscatto dei primi anelli della filiera agroalimentare».
Imprenditori intraprendenti
Dopo secoli di immutata gestione agronomica, la coltura del mandorlo è stata infatti completamente reinterpretata negli ultimi 20 anni, prima in Spagna e poi dai coraggiosi imprenditori che hanno importato anche nel nostro Paese il modello dei mandorleti superintensivi e delle relative varianti meno intensive (vedi riquadro).
La molla del breeding



Da zero a 1.550 ettari in 15 anni
Gli impianti ad alta densità sono presenti in Italia da circa 15 anni. Oggi coprono circa 1.500 ettari, il ritmo di crescita è di circa 200 ha l’anno e circa l’80% è concentrato in Puglia. L’impianto più esteso è però a Maccarese, a Nord di Roma, 120 ha entrati in produzione nel 2022 con l’obiettivo di arrivare a 160.
IA Imola, in provincia di Bologna, VCR ha collaborato con Romagna Impianti e con la società di servizi Fruit Net System per la realizzazione di un impianto pilota di tre ettari ad alta densità, completamente meccanizzati e digitalizzati per il controllo dell’apporto idrico e la protezione fitosanitaria. Un impianto che vuole essere la vetrina dell’azione di CIMM, il neocostituito Consorzio Italiano Mandorlo Moderno, presieduto da Michele Zaniboni di Romagna impianti, per favorire la crescita della coltura anche nel Centro-Nord.
L’impegno di questo nuovo sodalizio, sostenuto da VCR, è quello del rilancio nazionale del settore attraverso tecniche di coltivazione davvero sostenibili sotto l’aspetto economico e ambientale.

Serve più assistenza tecnica
in partnership con Agromillora, alla messa a punto di un’offerta vivaistica che faccia perno su varietà ottenute da micropropagazione, caratterizzate da cicli vegetativi anti climate change, in grado di adattarsi alle diverse condizioni climatiche italiane».
Il protocollo VCR
«Abbiamo sviluppato – continua Gianluca Pegoraro, referente tecnico di Vcr – un protocollo agronomico in grado di assicurare ottime rese in vivaio e alcune delle prescrizioni riguardo alle esigenze nutritive e idriche della coltura, come quella di effettuare una buona concimazione di fondo e di alternare periodi di lieve stress idrico a periodi di bagnatura in modo da stimolare l’espansione dell’apparato radicale, vengono trasferite anche in campo per migliorare le prestazioni dell’impianto».
Le condizioni pedoclimatiche della pianura friulana si sono rivelate ottimali anche per l’attività vivaistica su questa drupacea. A Rauscedo è infatti in corso il quarto ciclo di produzione di piantine di mandorlo. Dalle 40mila del 2022 alle 500mila del 2025, con una predominanza della varietà Avijor rispetto a Penta e a Makako, e la scommessa della crescita della domanda delle piantine a a radice nuda, un’alternativa rispetto all’offerta in vasetto, ottimizzata da VCR sulla scorta dell’esperienza accumulata sulle barbatelle di vite.

I vantaggi della radice nuda
«Nell’impianto pilota di Imola– spiega Matteo Ferrari di Fruit Net System e referente tecnico di CIMM –è risultato evidente l’anticipo delle piante a radice nuda che permettono di entrare in produzione un anno o anche un anno e mezzo prima, consentendo ai produttori di ammortizzare al meglio l’investimento».
Un vantaggio assicurato dall’apparato radicale più espanso e dalla maggiore dotazione in sostanze di riserva, tanto da annullare o quasi le fallanze. L’innovazione ancora una volta parte dal basso, dalle radici.

Errori da evitare
«Occorre però – puntualizza Ferrari – non dimenticarsi della gestione della chioma, l’elemento su cui si riscontrano spesso le maggiori criticità». Larghezze eccessive, oltre a esporre le piante a maggiori danni durante la raccolta meccanica, possono infatti penalizzare le rese per la minore radiazione solare che viene intercettata e lo stesso capita con gli orientamenti errati, con filari che finiscono per ombreggiarsi.
Le misure che conviene rispettare negli impianti ad alta densità sono infatti: altezza dell’impalcatura dal suolo di 50-60 cm; altezza massima delle piante 3 m; larghezza della parete 70-90 cm per rispettare le caratteristiche delle macchine scavallatrici raccoglitrici ed efficientare le loro prestazioni.
La corretta densità della parete deve essere raggiunta con la potatura meccanica che nei primi anni
deve essere curata e ripetuta per stimolare la crescita di numerosi rametti produttivi e quindi una
maggiore carica di gemme a fiore e dardi/pianta.
Come a dire: la rivoluzione parte dal basso, ma senza la testa va poco lontano.
Le forme di allevamento
Impianti tradizionali. Densità d’impianto tra 300 e 400 piante/ha, la meccanizzazione è limitata alla raccolta con scuotitore ad ombrello riverso e alla eventuale potatura esterna della chioma con la necessità di operazioni manuali per l’eliminazione dei succhioni interni;
Sistemi intensivi ad alta densità. 700-800 piante/ha, pari a sesti di impianto di 5 X 3 (sistema
Zaragoza) puntano a coniugare alta densità di impianto con la possibilità di fare esprimere
spontaneamente la pianta in altezza. Prevedono regimi nutrizionali ed irrigui spinti. La raccolta
può essere meccanizzata, con attrezzature specifiche, ma la potatura rimane in parte
manuale. L’allevamento a vaso richiede infatti la necessità di allargare la chioma con un diradamento
dei rametti per facilitare l’illuminazione della parte interna e alzare la produzione.
Sistemi superintensivi ad alta densità con raccolta in continuo (Shd, ovvero super high density). Oltre 2mila piante/ ha, pari a sesti di impianto di (3-3,5 X 1-1,3). Meccanizzazione completa con le stesse macchine per la raccolta, anticipata già al secondo anno, e la potatura utilizzate per vite e olivo intensivo. Si passa infatti da un sistema tradizionale “3D” a vaso a un sistema 2D a parete continua, realizzando le rese più elevate (fino a 30 q/ha di sgusciato nel caso di Avijor) ma una massa vegetativa minore e quindi una migliore efficienza produttiva. L’alto fabbisogno irriguo può essere ridotto, negli areali dove è un elemento limitante, facendo ricorso a piante autoradicate.

Le radici
RootPac® 20. Portinnesto nanizzante altamente produttivo. Vigoria ridotta (60% meno di GF-677). Facilità di gestione della potatura con meccanizzazione totale, resistenza a funghi del suolo e nematodi.
RootPac® R. Portinnesto versatile, adattabile a diverse condizioni di clima, suolo, e disponibilità idriche. Adatto a sistemi di allevamento medio intensivi, altamente produttivo, anticipa la maturazione da 2 a 5 giorni secondo la varietà.
Autoradicato. Soluzione da preferire negli areali non irrigui grazie all’adattamento alla siccità propria del mandorlo e al superamento dei problemi di radicazione assicurati dalla propagazione “in vitro”. L’aumento dei costi di irrigazione, con tariffe anche superiori a 1€/m3 ne stanno favorendo la diffusione;
Piante a radice nuda. Alternativa alle piante in vaso con apparato radicale sviluppato, astone di notevole dimensione con prima impalcatura a 50 cm già impostata in grado di:
- Anticipare l’entrata in produzione di 1-1,5 anni;
- Ridurre l’investimento in tutori di sostegno;
- Ridurre il fabbisogno irriguo nelle prime fasi di vita.
Le Varietà
L’offerta per gli impianti superintensivi e intensivi fa perno su varietà ottenute da micropropagazione, caratterizzate da cicli vegetativi anti climate change, in grado di adattarsi alle diverse condizioni climatiche italiane come:
Avijor (Lauranne), con fioritura tardiva (dalla seconda settimana di marzo), ramificazione media, seme singolo di buona forma e pezzatura, resa sgusciato al 35-40%; è quella maggiormente validata in tutti gli ambienti di coltivazione nazionali
Makako, fioritura extra tardiva (dalla metà di marzo), media ramificazione, resa sgusciato più bassa rispetto alla precedente, rustica e tollerante alle malattie, adatta alla coltivazione in bio
Penta, fioritura extra tardiva, ramificazione elevata, vigoria medio-bassa, seme singolo anche se di dimensioni più ridotte rispetto Avijor.
La fioritura tardiva la allontana dal periodo in cui le minime termiche sono più basse, ma negli
ultimi anni il rischio di gelate tardive è aumentato come effetto del cambiamento climatico. Per gli
impianti effettuati al Nord conviene dotarsi di irrigazione antibrina o di altri sistemi di difesa attiva.
