Le nuove varietà adattate all’oliveto a parete: un percorso di potenziamento
Non è rischioso affermare che l’oliveto a siepe è un fenomeno consolidato in tutto il pianeta. Quello che un tempo sembrava un’idea incredibile, oggi produce più del 36% dell’olio d’oliva extravergine mondiale.
Potrebbe sembrare che raggiungere questo punto sia stato semplice, ma ovviamente non è il caso. Dietro al successo del sistema si celano anni e anni di ricerca, prove e grandi sforzi per trasformare il concetto di oliveto conosciuto fino ad oggi.
L’olivo, che si crede abbia origine nell’Asia Minore, iniziò a essere coltivato in Iran, Siria e Palestina, diventando uno dei coltivi più antichi al mondo. Nel XVI secolo a.C., l’olivicoltura si diffuse in tutta la regione mediterranea come parte della conquista di nuovi territori da parte dei fenici, dei greci e dei romani.
Attraverso i secoli, le diverse varietà introdotte in ogni regione sono state selezionate in base alla loro adattabilità alle diverse condizioni climatiche e geografiche, al rendimento in olio, al vigore, al periodo di raccolta, tra altri fattori. Nella Penisola Iberica, dove il settore dell’olivicoltura è uno dei più importanti nell’ambito agricolo, si osserva anche questa diversità. Andando avanti verso tempi più recenti, e osservando la selezione e la scelta delle varietà durante l’inizio della grande rivoluzione dell’olivicoltura moderna negli anni ’90, si evidenzia un grande salto evolutivo, con la conversione degli oliveti tradizionali, con spazi più ampi, in oliveti con spazi più stretti, come i modelli agronomici già noti e diffusi a siepe.
Ciò che oggi è generalmente accettato nel settore sembrava, all’epoca, un’audacia: gli oliveti progettati nel modello a siepe venivano annunciati come un fallimento prevedibile. È interessante notare che l’oliveto non ha fatto altro che copiare il modello della vite, con una conversione naturale dei vigneti a vaso in vigneti a siepe. È stata la prospettiva economica a incentivare questo cambiamento, con l’obiettivo iniziale di ridurre i costi di produzione legati alla raccolta, che sarebbe diventata completamente meccanizzata e quindi più redditizia. Nel corso del tempo, un altro grande problema è emerso in campo: la mancanza di manodopera, soprattutto per la raccolta dei raccolti. Questa evoluzione ha permesso di superare in gran parte questo crescente problema.
È in questo contesto che si apre la strada allo sviluppo del modello agronomico dell’oliveto a siepe, attraverso prove ed errori, molta innovazione e una mentalità completamente diversa da quella dell’epoca, è stata scoperta una nuova modalità di coltivazione dell’olivo. Fin dai suoi inizi, Agromillora ha concentrato i suoi sforzi nella ricerca e nello sviluppo di modelli agronomici efficienti per diversi coltivi, con una storia legata allo sviluppo, alla ricerca e al miglioramento delle specie utilizzate in agricoltura. Una vocazione che si riflette esplicitamente nel suo nome: Agro (Agro) – Millora (Miglioramento), che equivale a dire: Miglioramento dell’Agricoltura. La ricerca incessante di un’agricoltura migliore, più efficiente, più redditizia e meno soggetta a minacce per la salute è un principio fondamentale fin dalla fondazione dell’azienda nel 1986.
Come è evoluto l’oliveto a siepe e quali sono gli aspetti positivi e negativi di questo modello?
Probabilmente, la scelta varietale è stata la decisione che ha avuto il maggior impatto nei nuovi progetti basati su questo modello, poiché, dal 1994 fino a circa il 2014, la maggior parte degli oliveti è stata realizzata utilizzando la varietà Arbequina. A quel tempo, era quella che riuniva le caratteristiche più adatte per adattarsi al modello a siepe, essendo senza dubbio il principale promotore dell’olivicoltura moderna. Ancora oggi rimane la varietà più popolare e con la maggiore estensione coltivata in questo sistema. Anni dopo, la varietà Arbosana ha guadagnato notorietà. Dopo essere stata quasi “abbandonata”, è diventata la varietà preferita per il modello a siepe. Il suo ridotto vigore (inferiore del 30%-40% rispetto all’Arbequina), produttività costante e adattabilità a questo modello l’hanno resa la varietà più piantata negli ultimi anni.
Nell’oliveto a siepe, il fatto che la raccolta diventi un processo semplice e veloce, effettuato nel momento ottimale di maturazione del frutto, beneficia grandemente la qualità del prodotto finale. Non è casuale che l’oliveto a siepe rappresenti circa il 6% della superficie totale mondiale occupata da questo coltivo e che si ottenga già circa il 36% dell’AOVE (Olio Extra Vergine di Oliva), a livello mondiale.
Oltre a tutti gli aspetti tecnici che si sono sviluppati per produrre un AOVE di qualità da questo modello, il settore si è reso conto che il fattore varietale gioca un ruolo molto importante in questo aspetto. Ci sono varietà che producono oli con una maggiore concentrazione di polifenoli e acido oleico, quindi più stabili, e altre meno. Come ben si sa, i polifenoli sono responsabili di trasmettere all’olio le caratteristiche organolettiche note come piccante e amaro, rendendo questi oli più stabili e resistenti all’ossidazione. In Spagna, varietà come Picual, Hojiblanca o Cornicabra consentono di ottenere questi oli. In Italia possiamo parlare di Coratina, Frantoio o Leccino e in Portogallo, possono essere Cobrançosa, Cordovil o Verdeal. È qui che risiede il punto più debole dell’oliveto a siepe: si ottengono annualmente migliaia di tonnellate di un solo tipo di olio (Arbosana/Arbequina), con caratteristiche organolettiche di bassa intensità in termini di amaro e piccante, bassa concentrazione di polifenoli e scarsa stabilità. Questo fa sì che questi oli perdano interesse commerciale nel corso dell’anno, per queste ragioni.
Programmi di miglioramento genetico (PMG)
Si è rapidamente percepita la necessità di ampliare la gamma di varietà per ottenere oli più stabili e con maggior interesse commerciale, nonché più benefici per la salute umana. Il settore ha sentito questa necessità: era essenziale sviluppare nuove varietà che, contemporaneamente all’adattamento al modello, permettessero di ottenere oli con le caratteristiche desiderate. Fortunatamente, alla fine degli anni ’90, sono emersi Programmi di Miglioramento Genetico (PMG) relativi all’ottenimento di nuove varietà di olivo, sia presso l’Università di Cordova (Spagna) che presso l’Università di Bari (Italia).
La regolamentazione degli organismi geneticamente modificati (OGM) nell’Unione Europea (UE) è considerata una delle più restrittive, complesse ed esigenti a livello mondiale. Le varietà considerate tradizionali non possono essere migliorate mediante questa tecnica, poiché la principale caratteristica agronomica che ne impedisce l’adattamento al modello a siepe è l’eccesso di vigore e la legge non consente di “silenziare” i geni che inducono il vigore. Questo significa che non è possibile ottenere nuove varietà mediante la modifica artificiale del materiale genetico attraverso l’introduzione di nuovi geni, il che consentirebbe di ridurre o eliminare questa caratteristica.
Ecco perché il processo di miglioramento genetico per l’ottenimento di nuove varietà di olivo avviene attraverso incroci naturali tra diverse varietà. I PMG delle Università di Cordova e Bari hanno utilizzato varietà di interesse dal punto di vista agronomico ed elaiotecnico (Picual, Koroneiki, Leccino, Coratina, Ayvalak, Frantoio, Arbequina, Arbosana, tra molte altre), affinché la discendenza ottenesse le caratteristiche desiderate di ciascuna delle varietà parentali.
Dal PMG dell’Università di Cordova sono risultate diverse varietà dello stesso incrocio tra le varietà Arbequina e Picual, che sono state già registrate come nuove varietà di olivo: Sikitita-1, Sikitita-2 e Martina. Le varietà Lecciana (Leccino x Arbosana) e Coriana (Arbosana x Koroneiki), ottenute e registrate dall’Università di Bari, sono già diffuse in paesi come Portogallo, Spagna, Italia, Francia, Marocco e Turchia. Questa presenza globale permette di caratterizzare il comportamento di una varietà dal punto di vista agronomico ed elaiotecnico. Il settore oleicolo ha ora un’opportunità in più per diversificarsi e differenziarsi in un mercato che, fino a poco tempo fa, presentava poche soluzioni in questo senso.
LECCIANA
La varietà Lecciana è nota per la sua posizione di rilievo nel mercato dell’olio d’oliva, essendo l’Italia il paese che più valorizza l’ottenimento e la commercializzazione di AOVE di qualità. Questa varietà ha contribuito in questo senso essendo la prima varietà di origine italiana adattata all’oliveto a siepe. Produce un olio molto apprezzato dal punto di vista organolettico, mantenendo le sue caratteristiche di qualità durante tutto l’anno e possedendo un’alta concentrazione di polifenoli (normalmente il doppio rispetto all’Arbequina) e acido oleico, che lo mantengono nella categoria di Olio Extra Vergine di Oliva (AOVE) per tutto l’anno. È soprattutto un olio apprezzato per la sua complessità, contiene note di piccante, amaro e fruttato. Il suo vigore è simile a quello della varietà Arbequina e il suo sistema radicale ben sviluppato la rende molto rustica, consigliabile per condizioni di secco/irrigazione carente o per la produzione biologica. Mantiene la turgidezza del frutto nonostante la mancanza d’acqua in estate. Il suo rendimento in olio è uguale o superiore a quello dell’Arbequina. Per quanto riguarda la resistenza al freddo, dimostra un comportamento migliore rispetto a tutte le altre varietà adattate all’oliveto a siepe.
CORIANA
La varietà Coriana si caratterizza per l’amaro e il piccante del suo olio, per l’alta concentrazione di polifenoli. La sua concentrazione di acido oleico è superiore a quella della varietà Arbequina, così come il suo rendimento in olio. È molto interessante per l’ottenimento di lotti monovarietali, potendo in alcuni casi essere utilizzata come “miglioratrice” di quegli AOVE che potrebbero aver perso le loro caratteristiche organolettiche durante l’anno. Dimostra tutto il suo potenziale produttivo in condizioni di irrigazione. Molto precoce e con rapido ingresso in produzione, il suo periodo giovanile è di appena due “verdi o primavere”.
Molto adatta a zone con disponibilità idrica sufficiente, Coriana consente di ottenere un AOVE con ottime caratteristiche organolettiche (piccante e amaro), garantendo un’alta produttività, con il vantaggio di superare i requisiti dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) per l’ottenimento di oli salutari (>250 ppm di polifenoli).
In questo contesto è interessante osservare come la medicina abbia un ruolo importante nell’olivicoltura moderna e come, attraverso la conoscenza scientifica, abbia contribuito a valorizzare il grasso vegetale più salutare esistente, l’olio d’oliva. Si sa che la sua composizione è costituita principalmente da acidi grassi monoinsaturi, circa il 70%, tra cui spicca l’acido oleico. Esistono anche altri componenti altrettanto importanti, come le vitamine E e A, oltre ad altri composti fenolici, che conferiscono proprietà antiossidanti di interesse per la salute umana.
Attualmente, vi sono numerose evidenze scientifiche sui polifenoli e il loro rapporto con la salute: secondo vari studi dell’EFSA, il consumo di AOVE riduce il rischio di incidenza di malattie cardiovascolari se la sua concentrazione di polifenoli è superiore a 250 mg/kg (polifenoli totali). Questa caratteristica deve e deve essere valutata, poiché rende l’AOVE il grasso vegetale più salutare esistente. Non è assurdo pensare a un futuro, non molto lontano, in cui gli oli del tipo Arbequina/Arbosana, con una concentrazione polifenolica inferiore a 250 mg/kg e meno stabili, abbiano una quotazione inferiore rispetto ad altri che forniscono maggiore sicurezza al commerciante dal punto di vista della stabilità e/o delle caratteristiche organolettiche. Gli oli ottenuti dalle nuove varietà saranno allo stesso tempo più richiesti ed esclusivi, a causa della minore offerta. Molte varietà emergeranno nei prossimi tempi e sicuramente cambieranno il panorama oleicolo mondiale. L’innovazione costante ha contraddistinto questo settore negli ultimi anni, permettendo ai diversi “players” di sviluppare la loro esperienza ed espandere i loro campi di azione, non lasciando dubbi sul rafforzamento dell’oliveto a parete.